martedì 30 dicembre 2014

Drammi di fine anno

In questo periodo dell'anno, il posto in cui mi si può più facilmente incontrare è una cartoleria, o una libreria grande e fornita di oggettistica e ammennicoli vari – mi ci si può facilmente trovare in qualsiasi momento dell'anno, è vero, ma mai come ora con uno scopo ben preciso
Il mio sguardo si muove attento tra le corsie e gli scaffali, scandaglia ogni mensola, ogni tavolo, ogni cantuccio; è attento e vigile, scruta, controlla, giudica, stima. 
La pupilla interpreta tutti i colori dello spettro, distingue l'indaco dal pervinca, i rami di ciliegio da quelli di pesco, si sofferma sulle decorazioni saggiandone le qualità, evidenziandone i difetti in maniera analitica. Sono un animale a caccia. 


In questo periodo dell'anno, io, di solito, scelgo l'agenda. 


Deve essere sottile, settimanale, deve saper coniugare sapientemente sobrietà e ornamenti, deve somigliarmi, quando la tiro fuori dalla borsa. 

Di solito, dicevo. Quest'anno no. 
È raro che un fatto spiacevole si concluda senza strascichi. I 13 lettori che solitamente si soffermano su questo blog sanno già che a fine giugno ho perso/mi è stata rubata la borsa e sanno anche che, tra le varie cose, dentro vi si nascondeva un'agendina rossa densa di appunti.
Il giorno seguente ho ben deciso di premiare la mia sbadataggine/tristezza assoluta regalandomi un'agenda nuova. Era il primo luglio. Ne ho trovata una che cominciava esattamente il primo luglio. Ne esistono per caso altri esemplari o ne era stato creato uno solo appositamente per me? Toglietemi questo dubbio, perché prima non ne avevo mai viste, di agende che cominciano in piena estate. 
Era anche carina, era anche sottile. Era perfetta. 
Solo che quest'agenda era anche praticamente ETERNA. 
È iniziata il 1 luglio 2014.
Finirà il 31 dicembre 2015. 
Io non riesco ad essere così uguale per più di un anno. 




In questo periodo dell'anno, io, di solito, scelgo l'agenda. 
Quest'anno no. 
Ed è una cosa terribile. È un rito di passaggio a cui rinuncio, è una tradizione da cui vengo violentemente strappata. 
Sono qui, che penso a tutti questi libriccini rilegati, a fiorami, a pallini, con le pagine color bianco osso, bianco pallido, guscio d'uovo, con le righine sottili, appena visibili.
Non potrò sapere quale colore mi sarei attribuita quest'anno, quale copertina, morbida o rigida? Elegante o naif? Perché non sarebbe stata solo un'agenda, ma un oggetto capace di descrivere la mia personalità. La mia persona.

Pensaci, tu che stai banchettando da mesi col prezioso contenuto della mia borsa, pensaci.
Tu non lo sai, ma questi sono drammi.

lunedì 17 novembre 2014

La notte in cui sono diventata Cosmonauta

cosmonauta - Mt2
Indosso il casco e per prima cosa avverto la Terra allontanarsi.
Non è silenzio, come avrei creduto. C’è un rumore che avanza da un punto di cui mi mancano le coordinate. Un rumore di marea, incessante e profondo, lentissimo. Un tumulto che percepisco come inevitabile ed eterno.
È il mio respiro, dalla nascita ad adesso.
Lo osservo, mentre conquista ogni spazio, mentre dipinge la volta del cielo che si stende di fronte ai miei occhi.

Sono sola, un corpo ondeggiante, privo di forma, privo di appigli. Una mente che implode. Un boato che non capto.

Cosmonauta

Il 7 novembre il Cosmonauta ha compiuto un anno. Per l’occasione, abbiamo indossato per la prima volta i nostri caschetti d’ordinanza. Così, vista da dentro una cupola di vetro che ha assorbito ogni rumore, una stanza buia è diventata uno spazio da esplorare con stupore. 


Gli splendidi caschetti indossati nelle foto sono stati realizzati da Alessandro Turoni, artista forlivese che aveva già esposto da noi le sue bestie immaginarie in questa occasione.
Dentro al casco, boccheggiante come un pesce in una boccia, ci siamo io e il mio sguardo proverbialmente malinconico. Toglierlo per tornare alla realtà è stato uno dei momenti più difficili della mia vita.
cosmonauti piazza saffi
Crediti:
Foto: Mt2Vision
Cosmonauta: Norma Amitrano
Creazione casco: Alessandro Turoni - www.alessandroturoni.com
Mt2Vision contatti: mt2vision@gmail.com

Contatti Cosmonauta:

 facebook.com/cosmonautaforli
instagram.com/cosmonauta_forli

lunedì 13 ottobre 2014

Attraverso la nebbia


nebbia shhh

Metto le mani a coppa e raccolgo il silenzio.
È appeso ad ogni ramo. 
La nebbia è un respiro così intenso che non esisto.

le sedie rosse

Quando esco di casa, non c'è nessuno, solo io e i merli. Zampettano affaccendati da molto prima che la mia sveglia abbia emesso bip. Lo vedo dai loro occhi vispi.

Di solito, quando attraverso il parco, mi attende una ben più folta compagnia. Le belle oche dalle piume di latte. I germani reali, semiaddormentati, col becco ancora sotto l'ala. Le anatre mandarine. I corridori dell'alba. Ma questa mattina no, siamo solo io e i merli. Sembra di non poter incontrare anima per chilometri.


Potrei perdermi e la realtà è che lo vorrei. Vagare finché la nebbia non si dirada, percorrere le vie dolci e rotonde del parco, io e le mie tasche, Petit-Poucet rêveur.

due alberi nebbia

Nulla scandisce il mio tempo e le coordinate, quelle sono lontane dalla vista.

Gli alberi hanno smesso le ghirlande di fiori, hanno smesso i festoni di foglie. L'umidità è tale che non mi accorgo di calpestarle, si sono ammorbidite, non scricchiolano.

La notte ha tessuto i suoi sogni albero ad albero - appaiono quando la luce li investe, di taglio, mentre, da qualche parte, sorge. Gioielli invitanti, diademi di filo e di brina, che chiamano, invitano, lusingano. Per restare qui, sempre, per non uscire dal parco, dal sogno, dal sonno, mai.

Proseguo ancora.

Temo e allontano il momento in cui il rumore si insinuerà tra le crepe di questo regno che non si può trattenere. Temo l'idea di dover utilizzare la voce. E sarà inevitabile. 
La nebbia te la porti nelle ossa, non nelle orecchie.


casa nebbia

Quando sbuco dagli alberi alla realtà, realizzo che ogni cosa è sveglia e attiva, ma che avrei potuto non accorgermene mai. 
La città. Le persone. Le auto. Le case.

Io, da qualche parte.


lunedì 6 ottobre 2014

Noteworthy things d’inizio ottobre


noteworthy inizio ottobre

Incredibilmente, e dopo tempo immemore, torno con il progetto Noteworthy Things. E stavolta prometto che non l'abbandono!

Dal 29 settembre al 5 ottobre


29 settembre.
Scendo dall’autobus, svagata come al solito, e subito tre voci, una di seguito all’altra, mi chiamano
“Signora!*
La prima appartiene alla signora col passeggino sull’autobus appena ripartito,
la seconda proviene dall’uomo che passa per caso in bicicletta
la terza addirittura mi insegue correndo, è della ragazzina scesa alla mia stessa fermata.
“Signora!* gridano, tutte e tre e per tre volte volto la testa nelle loro direzioni.
Mi era caduta la sciarpa. Quelle voci – quegli occhi, quelle facce - sono state così veloci e pronte e repentine che temo di non aver fatto in tempo a dire “Grazie” a nessuna di loro.

*L’appellativo era, ovviamente, dovuto solo all’estrema cortesia degli intervenuti.


30 settembre
Un regalo inatteso che presto verrà appeso.


1 ottobre
Ho scoperto che sono più creativa se scrivo con Times New Roman, o in genere con un carattere dotato di grazie, che con Helvetica (l’abominio).


2 ottobre.
“No, non mi piace il lavoro. Preferivo stare senza far niente pensando a tutte le cose belle che si possono fare. Non mi piace il lavoro, a nessuno piace, ma amo ciò che c'è nel lavoro, la possibilità di trovare se stessi. La propria realtà, per se stessi, non per gli altri, ciò che nessun altro uomo potrà mai conoscere. Gli altri possono vedere solo la semplice esteriorità, senza mai capire il suo reale significato.”
Cuore di Tenebra  - Joseph Conrad
3 ottobre
2 baristi, 80 caffè, 20 minuti. Sfida vinta.

4 ottobre
A forza di riflettere, prima o poi mi vedrò.

5 ottobre
Come tradizione vuole, si passeggia per le vie di Savignano sul Rubicone in occasione del SiFest, Savignao Immagini Festival.


primo ottobre

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Noteworthy Things è un progetto di Pretty in Mad.

martedì 23 settembre 2014

Piano piano ritorno

museo do chiado - lisbona
Museo do Chiado - Lisbona
Non so che albero sia.
So che l'anno scorso l'avevano potato e per un attimo ho temuto che non mi avrebbe più riparata dagli sguardi delle case di fronte, me, che amo vivere con la finestra aperta.
Eppure quest'anno sembra avere ancora più foglie, ancora più rami.  
Il vento lo incalza, poi fugge via e corre fino a me, mi rinfresca la fronte, si posa sul tavolo. Lui ha capito.


Ho avuto bisogno di fermarmi.
Di appoggiare la penna sul foglio e guardare fuori dalla finestra.
Di bloccare occhi, pensieri e voce.
Vorrei fosse facile farlo – essere davvero solo un animale, dal respiro visibile, sotto le costole.
Avere sempre parole per le cose richiede abilità che non mi sono state donate, una parlantina che mi manca, un'opinione vispa e vigile che non teme giudizi.
Io per le cose ho molto più spesso silenzio.
Non ho trovato altro modo per esprimerlo se non stare zitta. Fare spazio dentro la testa. Scegliere cosa dire. Scegliere di non dire.
Emotion recollected in tranquillity.
Questa frase me la ripeto in ogni diario, da quando l'ho letta la prima volta. Avevo 18 anni. E le emozioni da raccogliere sono così tante, per me che sono emotiva quasi per definizione.

il fiume
Riprendere in mano la penna, alla fine, è sempre divertente. Ma richiede un infinito senso di responsabilità che per un certo periodo non ho sentito di avere, o ho avuto paura di perdere. Il blog è uno svago, un parco in cui passeggiare in compagnia di nuvole e piccoli animali in una giornata di primavera, ma il cervello da cui, a minuti alterni, parte l'impulso di aggiornarlo o cestinarlo no, non lo è. O non lo è sempre.
Si chiede cosa abbia senso dire, quale sia il ruolo delle parole, quando cascano addosso a centinaia di altre parole e si mescolano e perdono di senso.
Perché debba parlare del merlo sul davanzale e non di ciò che mi indigna, perché debba nascondere le mie opinioni sotto il tappeto o perché debba ritenermi anche solo vagamente meritevole di esprimerle, queste opinioni che nessuno mi ha richiesto.
Questo mi domandavo. E il silenzio era d'obbligo. 

Non che ora abbia realmente capito: i dubbi su cosa sia giusto o non giusto fare continueranno ad assillarmi, la paura di coprirsi di ridicolo o di non essere davvero utile a nessuno continuerà ad afferrarmi le dita mentre queste si gettano a capofitto sulla tastiera, con questa loro brama di dire, dire, dire.
E forse sono i dubbi di chiunque si trovi ogni giorno a che fare con questo bisogno, reale o indotto, di raccontarsi e condividere e mostrare: le foto delle vacanze, la tazzina al sole, quel ricciolo che ti cade così bene sulla guancia, l'aneddoto che ti ha fatto scompisciare, le chiacchiere con la tua amica. Sono quelle azioni che ormai porti avanti per abitudine, per normalità, ma che si incrinano non appena capita qualcosa di grave, di pesante, che davvero te le toglie, le parole e la voglia di dirle. 
Poi si ricomincia. Ricomincia sempre tutto, alla fine. 

Ora che alzo la testa, mi accorgo che il tempo si è calmato: il vento ha smesso di scappare. L'albero cattura il mio sguardo come sempre: è rigoglioso, leggero e forte, una casa per tutti i pensieri che oggi mi sono scivolati via.
Magari adesso respiro di nuovo.

martedì 22 luglio 2014

Sono stata vittima di smarrimento

Sono una di quelle persone che considera la borsa un surrogato della casa.
Solo, una casa poco stabile.
In genere, dopo un mese-due, le sue fondamenta cominciano a cedere, non potendo più reggere il contenuto a cui quotidianamente la sottopongo. E mi tocca trovarmene un'altra. 
Questo nonostante lo sforzo – nobilissimo - di mia sorella, che mi ha regalato una borsa piccola solo per provare il gusto di ordinarmi:

"Non ti permettere di metterci dentro libri e acqua"

Che è un po' come tagliarmi i viveri.
Per cui se mi domandassero "Cosa tieni dentro la borsa?" l'unica risposta davvero esaustiva sarebbe "Tutto".

Tutto.


Inversamente proporzionale al contenuto del succitato oggetto in pelle deve essere invece il contenuto della mia testa, a quanto pare. Per lo meno nella zona (che immagino esista) che si occupa della Coscienza del corpo e della sua presenza nello spazio circostante
Perché altrimenti avrei memoria di dove, tre settimane fa, all'aperto, in una serata di festa, tra una chiacchiera e l'altra, io abbia, per un momento, appoggiato la mia borsa.
E invece questa memoria mi manca.
La borsa pure.

Era blu
Aveva la tracolla un po' screpolata, è vero, ma resisteva impavida da un numero considerevole di mesi ai miei maltrattamenti, alle penne senza tappo e al peso di Infinite Jest.
Era comoda. 
Senza fronzoli, senza targhe, senza nomi, si adattava con naturalezza a qualsiasi abbigliamento. L'unico orpello che si era concessa era la cerniera.
Dentro di lei c'era una vita irrequieta, una macchina fotografica di appena 20 giorni, un'agenda in cui raccoglievo tutte le note di tutti i miei giorni e tenevo il conto dei libri letti quest'anno, un diario iniziato da poco, i documenti, le chiavi di casa, una matita per occhi spuntata...l'elenco continua, ed è un po' doloroso ripeterlo.

"Sono stata vittima di smarrimento" recita la mia denuncia e non sapevo si dicesse davvero così, ma devo ammettere che per una volta il linguaggio burocratico rende l'idea.
Un'altra parte del mio cervello, quella preposta alla Facoltà di rendersi conto delle situazioni, specie se spiacevoli, fa sì che io non rifletta veramente sul danno che questo smarrimento mi ha causato, fingendo che quella borsa non sia mai esistita.

Ma a volte ci penso.
Che qualcuno sta mettendo le mani sulla mia macchina fotografica, che non era un oggetto: era un regalo. Ed è come se questo qualcuno stesse mettendo le mani sulla mia faccia mentre lo scartavo, sulle mie dita attente a non rovinare nemmeno un centimetro della carta che lo ricopriva, sui bigliettini che avevo appena finito di leggere, sulla faccia della persona che avevo di fronte, sul calice di vino che stavo dolcemente sorbendo.
A volte ci penso, che qualcuno ha sfiorato, anche solo per buttarlo nel bidone, il mio diario iniziato da poco. Che possa averlo aperto, sbirciato, rovinato. E non dico che possa averlo letto, non tanto perché ho attuato un sistema di difesa da sguardi indiscreti che si chiama "la mia scrittura", ma perché deduco che se qualcuno è spinto dal desiderio di impossessarsi di una borsa non sua, non è per mettersi a leggere un diario. 
O forse mi sbaglio. Forse qualcuno davvero l'ha letto. Ed è raccapricciante anche solo l'idea.

Notare il perfetto abbinamento della nuova agenda col nuovo cellulare

Devo dire, però, che in tutto ciò - dove per tutto ciò intendo: rifare i documenti, cercare in giro sostituti più o meno validi degli oggetti che non si possiedono più, dormire la notte nonostante l'ansia etc etc etc -  dei lati positivi ci sono:
  1. Ho provato, per una mezza giornata, l'ebbra leggerezza di vivere senza nessun documento. Ma proprio nessuno, nemmeno l'abbonamento dell'autobus.
  2. Ho recuperato un cellulare che puoi spegnere prima di andare a dormire e la sua sveglia funziona lo stesso.
  3. Ho finalmente una foto decente sulla carta d'identità. Il che, se consideriamo che mi è stata fatta dopo una notte insonne e che il mio stato emotivo-facciale ricordava un po' l'alga stracciata sul bagnasciuga, ha del miracoloso.

Ammetto che la mancanza di occhi sbarrati tipica delle fototessere è dovuta al sonno, mentre il lieve accenno di sorriso è da attribuire alle amenità che mi stava raccontando il fotografo durante lo scatto.

venerdì 4 luglio 2014

Fra tre anni ci arriverò di dieci minuti in dieci minuti

Dieci minuti fa non sapevo che sarei uscita di casa con le mie mille cose a tracolla, avrei attraversato il centro e sarei approdata qui al locale a scrivere. Non lo sapevo perché non programmo mai e le rare volte in cui lo faccio, e scrivo tutto con la mia calligrafia dei buoni propositi su qualche quaderno scelto per l'occasione, succede sempre che qualcuno – mia sorella, il mio super io – mi dice "Tanto non lo farai mai". E finora vi assicuro che è stato così.
Ma se mi si chiedesse di ragionare su tempi lunghi, chessò, tre anni, se fossi spinta a farlo, a mettermi carta, cervello e penna a ragionare, allora davvero dovrei fare uno sforzo immaginativo diverso da quelli a cui sono abituata – e per diverso intendo concreto.

Mi domandavo: Dove sarà questo blog fra tre anni? Probabilmente dove sarò io. 
Tra le nuvole.
Mi è capitato spesso di chiedermi perché scrivessi un blog, cosa mi spingesse a farlo. Non è un diario – se lo fosse, il mio bipolarismo vi preoccuperebbe – e di certo non è un blog che segue un tema preciso, anche se vi posso garantire che un filo conduttore c'è. Ed è l'azzurro.
E l'azzurro è un po' ovunque, non solo negli spazi che si creano tra una nuvole e l'altra. È alle finestre e tra le vie, è quella scia che segui quando senti un vociare indistinto, è il passo dei merli, è il movimento sicuro di due mani al lavoro, è una mente che crea.
Vorrei mostrarvelo, questo colore adorato – era sempre il primo a finire, nella scatola dei pennarelli – vorrei farvi vedere dove si nasconde.




Mi piacerebbe portare queste pagine un po' in giro, farle muovere, respirare. Potrebbero conoscere gente, stringere mani, afferrare sorrisi.
Mi piacerebbe portarvi in giro per la città in cui vivo - che c'è chi dice non ci sia niente, e invece non è vero. Lo so per certo.
Mi piacerebbe farvi passeggiare con le mani nelle tasche e la testa sempre un po' di lato, a cercare un volo, un fruscio, un oggetto nascosto.
Mi piacerebbe portarvi a sbirciare dietro le finestre, a immaginarsi le vite che nascondono.
Mi piacerebbe raccontarvi certe storie che si creano appena metti in moto le gambe – e non è la mia testa, ma l'aria, che le scrive.
E mi piacerebbe portarvi a conoscere certe persone che conosco io, così belle e ricche da lasciare stupiti.

Per cui, vi avverto, qualche progettino per questo blog io ce l'avrei.
Tanto per cominciare, potrebbe scegliere di cambiare aspetto, per cui non vi preoccupate se lo vedrete mutare, ogni tanto.
E da qui a tre anni, che dite, sarò riuscita a fare qualcuna delle cose che mi sono proposta?
Facciamo così: fatemelo notare, se mi perdo. Io, per una volta, mi vorrei fidare.

Ma adesso è estate e d'estate non si cominciano le cose: le cose cominciano a settembre, è risaputo.

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Ringrazio Il Blog Lab - da blog a wow per aver fatto sì che, per la prima volta nella vita, provassi a programmare qualcosa che andasse oltre le 24 ore. Anche se programmare, ovviamente, non è il termine giusto.


mercoledì 25 giugno 2014

"Fuori Orario": un sogno raccontato in fotografia

Ho salito le scale a due a due. 
Volevo incontrarle fingendo fosse per caso, sbirciarle da dietro l'angolo, tutte affaccendate come bestiole selvatiche. 
Sapevo che le avrei trovate così. 

La tuffatrice sempre un poco timida, anche con indosso un costume multicolore e una cuffietta rosa. 

La tuffatrice timorosa - particolare della fotografia di Gianluca Colagrossi

La mima che posa gli occhi intorno intorno, con lo sguardo di sbieco che riserva alle cose interessanti. 

La mima indagatrice - particolare della foto di Filippo Venturi

La danzatrice, ora silenziosa e immobile, che attende il tempo, la musica, la spinta per il prossimo passo. 

La danzatrice solitaria - particolare della foto di René Ruisi
La via si era animata di colpo. 
Di notte, nel silenzio, erano spuntate piccole, deboli luci, che tremolavano passando sotto i davanzali. Il riverbero nelle finestre era un richiamo per gli assopiti, un richiamo così gentile da confondersi con i loro sogni. 
Diceva – sottile come uno spiffero – diceva "Uscite. Uscite. Uscite." 

E se uscivate, potevate vedere un delfino blu elettrico in mezzo alla strada. 
E se strizzavate gli occhi, potevate cogliere il bagliore ansimante e lontano di 5 candele. 
E se tendevate le orecchie, potevate ascoltare lo zampettio di due scarpette da ballerina. 

Quel che restava, al mattino, nella foschia grigia e rosa che saliva dietro i tetti e sulle corti, era un pizzicore, un solletico, una carezza appena percepita, leggerissima. E colorava appena un po' di più la strada, di giorno in giorno, di notte in notte. Come i coriandoli sui marciapiedi dopo Carnevale.


Torre dell'orologio - Forlì

"Fuori Orario": la storia di Regnoli 41 in mostra a Palazzo Romagnoli


"Fuori orario" è una mostra che racconta la storia di Regnoli 41, l'Associazione culturale che dal 2011 ha preso a cuore la riqualificazione e la rinascita di Via Giorgio Regnoli, una delle vie del centro storico di Forlì. 

Iniziative, collaborazioni, eventi e impegno – tanto – per far sì che la via si scrollasse di dosso quell'immagine negativa e malandata, che era diventato troppo abitudianario e frettoloso attribuirle. Per dimostrare che la via è fatta di gente che la vive, che la abita, che la cammina. 

Due video raccolgono gli scatti realizzati durante gli eventi e gli incontri che hanno animato Via Giorgio Regnoli negli ultimi anni.
Nove fotografie lasciano immaginare il lato più onirico e fantasioso di un progetto che ha ancora tanto da raccontare. E lo fanno attraverso le immagini di tre fotografi: Gianluca Colagrossi, Filippo Venturi e René Ruisi.

La mostra è esposta a Palazzo Romagnoli, un edificio splendido che vi consiglio di visitare col naso all'insù: ogni soffitto è una sorpresa per gli occhi.

"Fuori Orario"
Palazzo Romagnoli 
Via Albicini 12, Forlì
Visitabile fino al 29 giugno 2014 
dal martedì alla domenica ore 9,00 – 13,00.

I soffitti di Palazzo Romagnoli - particolari


Per saperne di più

Palazzo Romagnoliwww.cultura.comune.forli.fc.it/
Gianluca Colagrossiwww.gianlucacolagrossi.it
Filippo Venturibfox.wordpress.com
René Ruisiwww.mt2vision.com
Foto di backstage bfox.wordpress.com

[E per saperne ancora di più, ebbè, la mima indagatrice sono io]


lunedì 23 giugno 2014

I lunedì pomeriggio

foto René Mt2


Da un po' di tempo a questa parte, il lunedì pomeriggio sostituisce il ruolo del sabato, o della domenica.
Significa distensione.
Di solito mi rannicchio sul divano, circondata di oggetti, tanti, che hanno il doveroso compito di tenermi compagnia. L'ho sempre fatto, fin da bambina: occupavo interamente il letto o il pavimento di qualsiasi cosa volessi avere accanto in quel momento - quaderni, penne, libri, colori, cassette, miominipony, biglie, sassolini, cose piccole senza significato, ma che a me sembravano amuleti. In effetti era difficile che dovessi proprio usare tutta quella roba, ma mi donava una certa sicurezza averla accanto, utilizzabile all'occorrenza.
Mi piace notare che in queste mie caratteristiche così istintive non sono cambiata, che non faccio altro che traslocare le mie cianfrusaglie da un angolo all'altro della casa, spostarle con me, con il mio umore e con i colori che voglio portarmi addosso.

Se invece voglio darmi una parvenza di ordine, allora mi ricordo di avere un tavolo, e dietro al tavolo una finestra e alla finestra un acchiappasogni, che onestamente non so cosa mai ci faccia, con le storie rocambolesche e immaginifiche che la mia mente mette insieme di notte.


Questo meraviglioso acchiappasogni, 
che si bea della vista dalla finestra esattamente come la sottoscritta, è stato creato da 
Elisabetta Celli l'anno scorso in questa circostanza qui.

lunedì 16 giugno 2014

Giugno e le sue meraviglie

Maggio verrà riassunto velocemente in questo modo:




Nonostante le lacune nella mia memoria, non ho abbandonato affatto il Noteworthy Things Project. Infatti eccolo qua che riparte da giugno, che è notoriamente il mese più bello dell'anno.


* 1. La splendida mostra "Liberty - uno stile per l'Italia moderna" al Museo San Domenico di Forlì.
Vi consiglierei di andare a visitarla, se non fosse che è terminata ieri.

* 2. Ogni giorno riesco sempre ad inventarmi nuovi modi per perdere tempo.

* 3. Nel dubbio su cosa fare, comunque, è sempre meglio leggere.

* 4. Si fa la conoscenza del duo Il Grande Cantagiro Barattoli:

Il Grande Cantagiro Barattoli
Foto René Mt2.

* 5. Mi piace questo articolo di Luisa Carrada sul pensare con la penna in mano.
Io anche al computer scrivo con la penna in mano.

* 6. La famiglia ha un compito fondamentale, che è quello di formarti il carattere.
Nel senso che te ne affibbia uno quando ancora sei in fasce e da allora ogni tua azione verrà considerata, narrata ed analizzata secondo quei parametri.

* 7. Gita fuori porta: Bomarzo e il Parco dei Mostri
Se non l'avete ancora fatto, andateci. E, prima di entrare nella Casa Pendente, preparatevi psicologicamente a sentire il vostro cervello rotolare via.

Bomarzo dalla finestra.

Casa Pendente - Il parco dei mostri
Foto René Mt2

Proteo Glauco - Il parco dei mostri
Foto René Mt2
* 8: Gita fuori porta parte seconda: il Lago di Bolsena.


* 9. Relax.
Ah, no, ho litigato col computer.

* 10. C'è un motivo per cui giugno è il mese più bello dell'anno:


* 11. Avevo promesso che, appena compiuti i 28 anni, avrei messo in ordine casa.
Poi, oh, non è colpa mia se alle 8 della mattina mi arriva un messaggio che dice
 "Oggi pomeriggio andiamo al parco?"

* 12. Leggere di più.
Lavorare con passione.
Farsi meno problemi.

* 13. Metà del bilocale è ora in ordine.

* 14. Tripla festa di compleanno al Cosmonauta
Da qualche parte ci deve essere pure il tappo.
Foto René Mt2.
* 15. Un pranzo di circa 4 ore.

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Noteworthy Things è un progetto di Pretty in Mad.
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