giovedì 19 maggio 2011

Mattinale

Passeggiavo, questa mattina, tra le viuzze del centro, quelle in cui m'incammino raramente per andare verso casa. Era ancora presto e mi stavo svegliando un poco alla volta, beandomi della solitudine azzurrina, quasi acquosa, di quelle stradine in cui non era arrivato ancora il sole. 
Amo passeggiare con calma, io che cammino sempre a passo troppo svelto, e alleggerirmi la testa lasciando sventolare via tutti i pensieri. In queste condizioni d'animo mi sento più ricettiva, più vicina a ciò che mi circonda, e infatti, ad un certo punto, mi sono fermata. Su una saracinesca ancora abbassata, c'era una scritta, una saetta di spray nero, secca e spigolosa. Probabilmente era quanto di più lontano dall'Idea di Bello o anche solo di Piacevole mi potesse capitare di vedere, eppure ci sono rimasta sopra lo stesso, a osservarla, nella mia passeggiata mattutina - o mattinale, come direbbe Luisa, la mia amica portoghese.
Non so bene perché, ma ho avvertito una sorta di micro fitta tra il cuore e lo stomaco, una specie di pizzicotto dalle dita piccole, e mi sembrava nostalgia. 
Nostalgia di cosa? Queste improvvise allucinazioni non si possono categorizzare, ma mi piacerebbe scoprire da dove parte e dove vuole andare a finire questo filo di lana avvoltolata che mi si dipana nel cervello e che mi crea in continuazione associazioni indefinibili.

Ho guardato la scritta, e subito ho sentito come il battito di quell'adolescenza napoletana che non ho mai vissuto, in cui una saracinesca abbassata e vergata al volo dal primo passante sarebbe stata forse lo sfondo abituale, in cui avrei passato più tempo per strada, magari sola, che a casa o nei locali, a conferma del mio carattere timido ma nomade. 
Solo supposizioni. Chissà cos'ho avvertito veramente in quel ricordo non mio.
Mi accade spesso di intravedere stralci di vita improvvisa, spezzoni di storie che non mi appartengono, ma che appaiono, in quell'unico istante, luminosi e nitidissimi. 
Ricordi di sogni, di libri, di film? Non so se mettermi a credere di aver vissuto delle vite di cui non ho buona memoria. Preferisco pensare che, in certi momenti di una sottigliezza infinitesimale, si riesca a percepire il soffio dell'esistenza di qualcun'altro, anche lontana, anche sconosciuta o inavvicinabile. Non mia, ma inconsciamente richiamata e avvertita. 

La piccola vita delle cose, la vita che lasciamo a palpitare sulle cose. 

Credo che alle volte possa capitare di sorprenderla quando non se l'aspetta, prima che possa nascondersi. Come non me l'aspettavo io, quella sensazione appena percettibile, quel respiro giusto giusto più incrinato degli altri, così minuto– un granello di polvere – da poter essere immediatamente spazzato via, dimenticato.
Ho provato, nei passi successivi, ancora fluttuante per quell' inaspettata visione, a fermare nella mente la scritta e l'immagine che ricreava, ho provato ad avvertire di nuovo quel morsicino di topo sul cuore, ma era già tardi, in un instante appena era già – quasi subito – sparita.

sabato 7 maggio 2011

Il prato e il lago

Quello che vedo se chiudo gli occhi è un prato.
Ho sempre visto prati, prati e fiori e alberi, sempre, anche quando, da piccola, una mia cugina più grande e quindi ai miei occhi infinitamente più saggia, che io adoravo, mi faceva dei suoi test di psicologia, e mi domandava Cosa c'è dietro un muro alto? 
E cosa c'era dietro un muro alto? Per me c'era un prato, frusciante, pieno di piccoli fiori che ondeggiavano come pennellate in un quadro impressionista, o come tante, tantissime fiammelle di candele, ognuna di un colore diverso. E anche adesso, è uguale, vedo prati dappertutto, appena chiudo gli occhi.
E quando, dopo il muro, mi domandava Cammina cammina, arrivi davanti ad un lago, che fai? io rispondevo Ci giro intorno, sì, faccio un giro intorno al lago, e lo guardo, e guardo tutto quello che c'è.
Anche adesso, che cosa è cambiato? E' esattamente lo stesso: giro intorno alle cose, per ore, le guardo da tutti i lati possibili, anche da sopra, persino da sotto, se ci riesco, le osservo in silenzio, cercando di capire, se lo posso capire, cosa devo fare.
Oppure mi siedo, e scrivo, sempre osservando, rimandando l'azione a data da destinarsi.
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