giovedì 23 giugno 2016

Marina e i suoi libri dei ricordi

Siori e siore, oggi abbiamo il primo ospite tra le nuvole! 

Ho chiesto a Marina del blog interno storie di partecipare alla rubrica I libri dei ricordi, dedicata ai libri dell'infanzia, quelli che hanno segnato non solo le letture successive, ma anche la nostra vita in maniera più o meno dirompente.
Inutile dirvelo, qui tra le nuvole siamo molto felici, perché interno storie e i suoi consigli di lettura sono una nostra tappa fissa - da queste parti amiamo particolarmente le rubriche I Piccolini, Comodini e Bookingrammi.

Ora vi lascio ai ricordi di Marina: immaginateci sedute ad un tavolino mentre dissertiamo di libri dalle copertine vintage sorseggiando tè e unitevi a noi - faremo in modo di lasciarvi qualche biscotto.



La tarda infanzia. Esordisco così. Da piccola non leggevo, in casa i libri, esclusi quelli scolastici, non entravano neanche per sbaglio. Lo confesso con imbarazzo, ma alla propria storia familiare non si può rimediare. Però non è mai troppo tardi a rimettersi sulla diritta via. 
Qualche mese fa ho raccontato del mio primo libro, avevo otto anni ed ero in terza elementare. È stata la mia iniziazione alla lettura. Prima di ritornare sulle pagine ruvide ci sono stati in mezzo tanti Topolino. Letti e riletti durante le noiose e torride estati, nell'attesa che arrivassero i cugini milanesi per dedicarsi ai giochi e ai tuffi. Mi sono anche appassionata a certi brani del libro di lettura, fino a dedicarci più del tempo del dovuto. Questa accadeva in estate, a scuola chiusa. 
D’inverno faticavo, non trovavo alcun rimedio in quelle letture, un calvario che prevedeva le gare in classe dalle quali uscivo sempre sconfitta. 

Il mio primo vero libro è stato Gli otto cugini, il meno conosciuto tra le opere di Louisa May Alcott. Non capivo perché la maestra, che mi aveva regalato Augusto il Pinguino, mi avesse assegnato proprio quello. Io, che sono stata sempre poco ribelle , ho accettato a malincuore. 

Rose Campbell rimasta orfana, viene accolta nelle numerosa famiglia degli zii e di ben sette cugini maschi. Sacrilegio! Capirete che fin dall'inizio che la bambina avrà delle grosse difficoltà a interloquire con l’altro sesso. 
Rose, dopo avere fatto un paio di smorfie a Debby, si infilò nel salotto cinese. Si ravviò i capelli poi, in punta di piedi, andò a spiare attraverso la porta socchiusa della stanza attigua. Poiché non vide nessuno e non sentì alcun rumore, entrò senza esitare: lo spettacolo che le si presentò la lasciò senza fiato. C’erano sette ragazzi in costume scozzese, tutti in fila secondo l’età, tutti biondi, tutti con gli occhi azzurri, tutti con un sorriso sulle labbra. E dissero con una voce sola: – Come stai, cara cugina? Rose sussultò, cercando intorno a sé una via di salvezza: lo spavento moltiplicava ai suoi occhi i sette ragazzi fino a riempirne la stanza. Ma prima che potessero fuggire, il ragazzo più alto uscì dalla fila e le disse gentilmente: – Non avere paura. Il Clan è venuto a darti il benvenuto. Io mi chiamo Archie e sono il Capo: eccoci ai tuoi ordini! 
Rose era mora con i capelli corti in mezzo a tanti bambini. Io non mi riflettevo in quell'immagine anche perché all'epoca avevo i capelli lunghi che detestavo, ma non pensavo minimamente di tagliarli. Vivevo sotto la stretta vigilanza di mia madre, che non tollerava mettere in discussione un caposaldo della mia identità. 
Vi dicevo non avevo salutato con favore questa scelta, desideravo leggere Piccole donne. Il titolo seducente era sicuramente in linea con i miei gusti, preludio di una piacevole lettura. Finché la maestra, a lettura terminata, ci aveva consigliato di scambiarci i libri. Che gioia! Piccole donne l’ho divorato in pochi giorni. Con Jo è stato un colpo di fulmine, ma quante si sono immedesimate in lei per lo spirito d’indipendenza così acuto. Poi è stata la volta di Piccole donne crescono. Riletti entrambi qualche anno dopo. Lo ricordo ancora, mi fermavo sul quei racconti fino a tarda sera, gli occhi arrossati non erano un ostacolo all'avidità della lettura. A distanza di anni le sensazioni di complicità e coinvolgimento erano le medesime. 

Sempre nel periodo degli scambi letterari avevo pensato di dedicarmi a Tom Sawyer, non sapevo neanche come si pronunciasse Mark Twain. Ma qualcosa è andato storto e l’ho accantonato. Circola anche Incompreso: ma non era entusiasmante fin dal titolo. 

Erano volumi che provenivano dalla piccola biblioteca scolastica, ignorata fino in quell'occasione. Custodiva per lo più belle edizioni degli anni Cinquanta e Sessanta, dalle copertine spesse e illustrazioni discrete e dal sapore retrò. Cose che a quel tempo non apprezzavo e che attualmente nei mercatini acquisto. Fa proprio capolino tra questi I ragazzi di Jo, proseguimento del ciclo delle sorelle March. 

Facendo un bilancio, sono stati pochi i libri nella mia infanzia, iniziando tardi a leggere ho saltato molte tappe fondamentali per passare direttamente a libri più impegnativi. Il mio non è stato un percorso lineare, ci sono stati periodi lunghi di sosta ma ogni volta che ho avuto in mano un volume ritrovavo l’antico magia della lettura. 

Dopo Gli otto cugini, la mia famiglia si è allargata.

lunedì 20 giugno 2016

Fortunata

Un post sentimentale. È l'età. 


Apro gli occhi e lo vedo. È l'albero senza nome, tutto impettito davanti alla finestra. Le foglie verde chiaro sono screziate dalla luce del sole. Lo vedo e penso “Sono in campeggio”. Campeggio vuole dire libertà e felicità imminente, vacanza, aria fresca, passeggiate indolenti e chiacchiere. Apro gli occhi meglio e riconosco i contorni della mia camera da letto. No, non sono in campeggio. Eppure è come se lo fossi, così mi sento. 
Sono fortunata. Sono nel bel mezzo del mio mese preferito. 

Maggio mi ha insegnato a fermarmi, a dilatare i tempi a dismisura, ad accettare che felici è bello, ma felici apposta è disumano. È stato il mese più lungo dell'anno. Forse lo sapevo già prima che iniziasse e l'ho atteso come si attende un parente noioso e borbottante, che sai già si stanzierà nel tuo salotto più del dovuto. Quel parente che ancora non approva che tu porti i capelli corti pur essendo femmina – proprio non lo concepisce – o che ti giudica dalle scarpe. Ma alla fine, quando se ne va, ti insegna le cose di cui sopra. Soprattutto ti insegna che esiste. 

Poi è iniziato giugno, il mese notoriamente più bello dell'anno, quello che attendo con frenesia dal primo di gennaio. Il mio entusiasmo per questo mese di ondeggianti papaveri e spighe dorate è presto spiegato: c'è il mio compleanno. 
Il 10 giugno di quest'anno ho compiuto trent'anni. 
Non ho nemmeno fatto in tempo ad accorgermene che già me ne vado inesorabilmente verso i trentuno. E sono sempre io. 
Sono fortunata. Questo giugno è una scatola ricolma di regali. 




Ci sono accadimenti che più di altri ti fanno dire grazie. Con l'aria instupidita e un poco boccheggiante. Grazie. 
Ogni tanto mi vengono delle idee balzane, che poi,  così come arrivano, se ne vanno, perché abbondo di idee ma pure di pigrizia. L'idea in questione era proprio scrivere un bigliettino di ringraziamento. Mi sono bloccata quando ho iniziato a pensare a chi. E cosa dovessi scriverci. Grazie e basta? O grazie per – che ne so, una cosa generica: grazie per il tuo sorriso solare, per avere sempre la parola giusta al momento giusto, per la sopportazione, per il pane quotidiano? 
Mi sono bloccata soprattutto perché mi è sorto il dubbio, a un certo punto, che non volessi farlo esattamente per l'altra persona, ma per me. Certo, è bello dire grazie, quasi più facile che sentirselo dire. 




Sono fortunata. 
Per miliardi di cose minuscole. 
Apro gli occhi e vedo un albero di fronte alla mia finestra. 
L'undici giugno ho scritto sul mio diario “Sono fortunata” e il 13 mi è stata recapitata nella buchetta della posta una spilla con su scritto “Fortunata” e queste cose piacciono da morire al mio cervellino. 

Sono circondata da persone che mi vogliono bene e non hanno nessuna paura di dimostrarlo: amano farmi sorprese per vedermi ridere come se avessi cinque anni, mi prendono in giro nella speranza che finalmente impari a non prendermela troppo, mettono su una corale per cantarmi Tanti auguri a te, mi tagliano i capelli, mi confidano le cose più assurde, mi salutano come Pocahontas saluta John Smith, mi cercano nel momento del bisogno, sono presenti, sono vicine, sono sincere. 
Esiste forse fortuna più grande di questa? Non credo. Sul serio, non credo. 

E quindi grazie.

venerdì 3 giugno 2016

The Shadow Planet



Ovvero, di quando visitai un pianeta sconosciuto col solo ausilio di una torcia, 
un casco appannato e una bombola dell'ossigeno che cadeva sempre. 

Un bel giorno, atterrate su un pianeta inospitale, tutto roccia, freddo e nebbie. 
Intorno a voi, il nulla assoluto e qualche suono sinistro di tanto in tanto. 
Se allargate l'immagine, nel nulla assoluto vedrete comparire una truope e avvertirete la presenza inquietante di un fiume nel buio. Scoprirete ben presto che il suo unico scopo è creare tensione e accogliere i tonfi di sparuti massi cadenti. 
Avrete così, di fronte ai vostri occhi sbarrati, le condizioni ideali per girare il trailer di un film horror-fantascientifico anni '60

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