L'auletta era molto bianca e a ripensarci ora mi sembra una figurina ritagliata da un tempo non mio, come se ci fossimo trovati all'improvviso in una scuola di fine ottocento.
In un angolo della stanza c'era un vecchio mobile marrone scuro, con le ante di vetro. Sugli scaffali erano allineati barattoli, ampolle, bottigliette, contrassegnati da etichette stinte, che chissà quanti anni dovevano avere.
In uno dei contenitori, immersa in un liquido color ambra, galleggiava la spirale eterea e reticolata di una pelle di serpente. In altri erano conservate piccole ossa di animali.
Il mio primo gabinetto delle meraviglie.
Ero stupita, ero rapita. Direttamente sopra la nostra classe, si nascondeva un armadietto carico di storie, di vite sotto spirito. Salendo due rampe di scale, si poteva partire con l'esplorazione, appoggiare il naso al vetro, avere paura, avere soprattutto una folle curiosità.
Ho provato lo stesso identico stupore entrando qui:
Il gabinetto delle meraviglie si è moltiplicato.
I mobili ora sono tane, sono altari per animali silenziosi, che non ti scrutano, mentre li scruti. Continuano la loro vita.
Sono animali corazzati, hanno armi come corna, come zanne.
Così, enormi bestie preistoriche si difendono dall'assedio di minuscoli omini, si ergono come rocce vulcaniche, s'imbizzarriscono mettendo in mostra i lunghi denti ricurvi.
Uno stambecco si ripara sotto il doppio arco perfetto delle sue corna ritorte. Le corna del cervo, invece, si ramificano all'infinito – cervo e foresta, insieme.
Un narvalo fluttua a mezz'aria, in un ondeggiare malinconico, non so se dovuto al ritrovarsi in un elemento diverso dal solito o se per la sua stessa natura di narvalo.
Su quegli scaffali a destra, ritrovo i barattoli di vetro del mio ricordo infantile, solo che stavolta contengono fiere immaginarie. O un piccolo uomo deceduto. Accanto a lui, una gazza intessuta di cristalli e brillocchi attira l'attenzione spalancando le ali.
Il mio preferito dell'intero bestiario è il Pangolino, dalla corazza verde screziata di rame, arrotolato su se stesso, che si cerca la coda col muso. Lo trovo elegante e altezzoso, nascosto dietro una timidezza apparente.
foto René Mt2 |
Il gatto e i topi sono soffitte ricolme di gioie.
Il cuore del gatto è un gomitolo azzurro, i suoi occhi un campanellino. Dentro di lui sono aggrappati un francobollo con un uccellino azzurro, un cane, un'oca e un topo piccolissimi, una molletta rossa e quella che pare essere una tessera di domino.
C'è un pendente di lampadario, dentro quel topo, una minuscola immaginetta di un santone, nelle viscere di quell'altro. Questo topino qui ha un cuore rosso rubino, che mi cattura l'occhio, che trema se soffio.
Mi accovaccio alla loro altezza e, mentre si guardano, studio le loro anatomie. Ci sono alcune cose per cui provo un amore smisurato. Tra queste, gli animali e gli oggetti piccoli, specie se vecchi, specie se usati. In queste brevi scene di vita animalesca trovo il riassunto dell'universo fantastico in cui vivo da sempre.
Ritrovo racconti letti da bambina e altri che ho solo immaginato e che forse un giorno scriverò.
Al Cosmonauta (Forlì) stiamo ospitando la mostra Anatomie Inorganiche di Alessandro Turoni.
Se entrate nel locale e lo percorrete fino in fondo, la troverete che vi attende nell'ultima sala.
Resterà in esposizione fino a domenica 22 dicembre a mezzanotte.
Questo è un invito: visitatela.
www.alessandroturoni.com
Anatomie Inorganiche - Cosmonauta 15/22 dicembre 2013