e poi ancora
a a a a a a a a a a
A come ape
A come auto
A come all'incirca
All'incirca qualche eone fa, imparavo la nobile arte del ricamare pagine di a in corsivo su un quadernone spiega(zza)to. Solo che la superficie piana e sicura e solida del tavolo non mi si confaceva. Preferivo affondare nel letto, il quaderno reso molle dalle onde del piumone, la testa che si incassava tra le scapoline alate.
a a a a a a a a a a
A come àncora
A come anguilla
A in distese sinusoidali, un'ondata di materasso dopo una nuova ondata di materasso, cavalloni di a. Finivo una pagina, prendevo il respiro e iniziavo una pagina nuova. Penna cancellabile blu, tappino mangiato, mano macchiata d'inchiostro. C'era tutto.
E poi, non so se per diletto o per richiesta, ho disegnato un'auto, colorandola di blu cobalto o blu di Prussia, non ricordo bene (che non fosse blu oltremare ne sono certa). L'auto era sbilenca, aveva preso un'ondata pure lei, ma aveva due finestrini, due portiere, due ruote ed un volante ed era quindi pronta ad affrontare il suo primo viaggio bidimensionale.
La pesco nella mia memoria – nonostante tutte quelle onde, il quaderno è rimasto asciutto - la metto in moto, s'inceppa, mi sfugge, borbotta, poi parte.
A come "Allora mi ricordo ancora come si fa!"
Sul finestrino scrivo una a in corsivo, poi un'altra e un'altra ancora, lo riempio, lo invado di a, lo sommergo.
Devo riabituare il polso, devo sgranchire la mano.
*
Non avendo pagine di a in corsivo a disposizione,
ho ripiegato su una foto segnaletica del sempre valido mio primo diario