Esiste un mondo che non sono io, che non è il mio cuore che batte, che non è il mio respiro irregolare. Esiste e vive, nonostante me. Va avanti e incespica, noncurante della mia presenza.
Ho sempre cercato la considerazione, da chiunque e da qualsiasi cosa. Dalle persone e dai gatti. Dalle piante grasse e dai sassi. Ho sempre pensato che questa considerazione mi fosse dovuta. Che mi fosse obbligata. E se c'era, non era mai abbastanza. E se non c'era, erano lacrime. Nessuno che mi tributasse l'importanza che meritavo. Poi succede che l'incontro. Incontro una cosa che si chiama silenzio.
C'est la vie - foto René Mt2 |
Ci sono alberi e gli alberi incorniciano un sentiero. La luce arriva filtrata dalle foglie, azzurrata e tenue. Ho quasi freddo. I passi cadenzati seguono il sentiero.
Silenzio, dice un cartello.
Le persone parlano.
Le persone parlano sempre, anche sotto i cartelli che dicono Silenzio.
Io rispetto i cartelli. Rispetto i cartelli e le indicazioni in maniera quasi maniacale. Mi presento negli orari di apertura indicati. Non sgocciolo il gelato nei negozi. Resto immobile dietro le righe gialle. Se vedo scritto silenzio, faccio silenzio.
Vocianti, le persone si mettono in fila per raggiungere il santuario. Pietra grigia, che sa di medioevo e sa di fresco. Lungo un corridoio, sui muri, è raccontata la storia del Santo. Dietro una piccola porta spunta uno squarcio di mondo, un idillio: un monte spaccato, una grotta, erba e muschio, e una farfalla bianca.
Come in un paesaggio di una storia di infanzia, c'è l'Arcadia e c'è il dirupo. Il santuario è nato su una roccia, grigio come quella, svettante, circondato dal vento che sale dalla valle. Lo spazio attorno è pieno d'aria. Forse il silenzio è aria. Senza accorgermene lo lascio entrare.
Non so bene perché, ma ad occhi chiusi il silenzio si sente meglio. Mi ancoro a terra e chiudo gli occhi. Pochi istanti, davvero pochi. Non sono il tipo, da starmene lì ad occhi chiusi a contemplare il silenzio.
Chiudo gli occhi e non sento niente. Chiudo gli occhi e non penso.
Forse il silenzio è non pensare.
Forse il silenzio è dimenticarsi di pensare. Dimenticarsi che esiste una nube vorticante in testa. Dimenticarsi della testa. Dimenticarsi di sé. Non darsi importanza. Non darsi peso. Non essere.
Esiste un mondo oltre me. Esiste un mondo che non sono io, che non è il mio cuore che batte, che non è il mio respiro irregolare. Esiste, e ha vita a sé.
In questo mondo posso camminare e mangiare qualcosa, quando mi va. Posso dire la mia, posso lavorare, posso lavare quella camicia a righe perché sia pronta per giovedì. Ma questo mondo non è me. Io non sono questo mondo. Le macchine che passano, le parole degli altri, le voci alterate, gli insulti, non sono me. Possono entrare e uscire da me tutte le volte che vogliono, ma in certi momenti possono anche decidere di scivolare e basta.
Ogni tanto mi dovrei ricordare di dimenticarmi un po'.
22 giugno 2013, La Verna