Oggi è difficile lavorare, la mia mente è in fibrillazione,
e vorrei solamente creare, creare, creare… per me, per noi. La libertà tra le
dita.
Non sono un’artista e non sono dotata di nessuna capacità
particolare, ma carta colori colla e forbici fanno la mia gioia.
Pianifico, invento, mi lascio trasportare, vorrei un
laboratorio, mi basterebbe anche solo un tavolo sommerso di carte, ne tirerei
fuori un mondo nuovo, magari non sconosciuto, ma di certo dolce, fluente, di
sogno.
In questo sono rimasta bambina, ho bisogno di sapere che
esiste un pianeta in cui perdermi, e questo pianeta è sulle nuvole della mia
meraviglia.
È la mia forma di difesa, il modo che ho di sopravvivere
agli attacchi esterni, alzare la testa e sentire il rumore che fa, e il rumore
è un fruscio, un bisbiglio, una risata di mare – ho sognato il mare, stanotte,
o un fiume straripante, ingrossato da una tempesta, e non c’era nulla di calmo,
gli alberi agitati, ed io, René, mia madre e mio fratello eravamo su una
terrazza, esposti al diluvio, in bilico sull’acqua, l’acqua blu melma che
cresceva sotto di noi, e l’unica ad esserne spaventata ero io.
Ma di giorno, a mente libera, queste agitazioni non
esistono, se non quando si presentano sotto forma di infantile paranoia.
Le vere difficoltà, io non le affronto: le sorvolo ad ali
aperte, il becco scintillante nel sole, e sotto, sotto cosa accada talvolta non
lo so, non vedo né pericoli né prede, ma solo il cielo, soltanto il cielo
solcato di idee.