Stavo per superare il cancello che porta nel parco, quando le nostre vite si sono incrociate. Io andavo a lavoro, lui chissà. Si è allontanato da me velocemente, guardingo, quasi sperando che non l'avessi visto. Ma come potevo? A quell'ora, a quel cancello, non c'era nessuno, solo io e lui.
Mi sono voltata a guardarlo: avanzava a piccoli passi, ogni tanto si fermava come a chiedersi "Sarà la cosa giusta da fare?", rimaneva proprio immobile al centro della strada e vedevi la sua indecisione bloccarsi con lui. Poi ripartiva, sempre veloce, incuriosito dall'aria, forse diversa, entusiasta all'idea di quello che l'aspettava, spaventato dalla libertà.
Immaginavo il suo piccolo cuore, immaginavo soprattutto gli sghignazzi che doveva farsi, dentro di sé, a pensare che stava scappando.
Da quanto tempo lo desiderava! Aveva provato a parlarne anche agli altri:
"Ragazzi, dai, andiamo via di qua"
"Ma sei pazzo? Ma se non c'è niente, c'è solo grigio, e non ci sono tane, dove ti nascondi?"
"Ci siete mai stati? Come potete saperlo? Io voglio vedere cosa c'è là fuori!"
"No, non farlo! Una volta, un giovanotto come te, andò oltre il cancello...e non tornò mai più..."
Ma nulla lo fermò. E così una mattina scappò, incrociando me.
Come potevo fermarlo io, alle 7 e mezza del mattino, con quel silenzio, con quella frescura, col suo codino bianco che appariva e spariva ad ogni salto? L'ho lasciato andare.
Avrei voluto avere 6 anni e niente di preciso da fare, e seguirlo. O anche 18 anni e niente da fare, insomma, una qualsiasi età dell'era scolastica in cui fino al 13 di settembre il tuo spirito è libero e incondizionato. E seguirlo.
Capire dove sarebbe andato, se aveva intenzione o no di tornare indietro. Vederlo correre a nascondersi dietro la prima macchina appena fosse passato di fronte al cancello con i 3 cani, smaniosi di abbaiare a qualsiasi passante, anche quelli che vedono transitare ogni mattina. Scoprire se il minuscolo gatto grigio agguatatore di merli si fosse arrischiato a puntare anche lui.
Seguirlo e basta, vincendo la tentazione di avvicinarmi per acciuffarlo. Gustarmi con lui la passeggiata, saltellando dentro anch'io, come un coniglio.
Coniglietto incontrato a primavera, quando il parco pullula di figliolanza lapina. |
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