Nel 1995, dopo la Prima Comunione, raccolsi tutte le bomboniere ricevute dagli altri bambini e le misi dentro un portagioie di colore chiaro, credo celeste. Ogni tanto lo aprivo e le ammiravo. Le prendevo e le spostavo. I miei gioielli, gli oggetti piccoli. C'erano, lì dentro, dei pupazzetti in tenuta sportiva, una bambolina di ceramica e degli animalini di vetro soffiato, tutti colorati, per i quali nutrivo una sentita adorazione. Un giorno il portagioie mi cadde di mano.
Una mattina di tanti anni fa, mia madre voleva regalarmi un cigno di cristallo. Lo comprò ma, nel tornare a casa, la scatola che lo conteneva cadde e si vergognò di darmelo. Anni dopo, mi diede la scatola con i pezzi: le due ali erano gocce grandi.
Non so che fine abbiano fatto i pezzi, ma la scatola ce l'ho ancora.
Nel diario della seconda elementare scrissi l'elenco dei regali ricevuti per il mio compleanno. Li misi tutti dentro ad un astuccio rosso, che posseggo ancora e che attualmente uso come raccogli nastri-stoffa-cordini che, hai visto mai, potrebbero sempre servire quando devi impacchettare qualcosa a qualcuno. Tra i regali, quell'estate spiccava per preziosità il profumo di Beverly Hills, dal tappo a forma di spirale e dall'odore vagamente asprigno. L'astuccio mi cadde di mano.
Quando non si rompono, le cose continuo a conservarle nei secoli. Cose che hanno la mia età e che sopravvivono ai traslochi, ai cambi dell'armadio e agli sbalzi d'umore.
Non trovo più però - chissà dov'è - un contenitore cilindrico decorato a fiori rosa e verdi, che, sempre in quegli anni, mi regalò Carla, la vicina di casa di quando abitavo su un'amena collina affacciata su un campo di balle di fieno. Assieme al contenitore, Carla mi regalò un piccolo beauty case, che ho ancora, con dentro un bagno schiuma e una saponetta. Se la cerco, sono certa che qualche residuo di quella saponetta da qualche parte è rimasto, continuando a profumare i cassetti della mia vita dagli 8 anni in su. Ma il contenitore a fiori rosa e verdi non ricordo dov'è. Mi piaceva perché non era soltanto una scatola: Carla dentro ci aveva messo dei sassi. Li aveva raccolti in vacanza in Grecia e poi lucidati. Erano il mio mondo. Uno, in particolare, era ai miei occhi stupendo: piccolo, liscissimo, a forma di uovo, mi piaceva perché era di un bel marrone aranciato, perfettamente diviso in due da una strisciolina bianca. Così lucido e così liscio, era per me un gioiello, che tenevo in una scatolina a forma di libro uscita dalle merendine del Mulino Bianco.
In quel periodo uscivano in edicola delle riviste con allegate delle pseudo pietre preziose, che alcuni miei compagni di classe collezionavano - l'alternativa erano le ossa per costruire il T-Rex fosforescente. Le portavano in classe per confrontarle all'intervallo, e a un certo punto arrivai anch'io, con il mio sasso arancione con la striscia bianca - un vero orgoglio - e loro mi dissero che no, non era mica una pietra preziosa.
All'epoca Elisa, che era in classe con me, mi regalò un sacchetto a quadrettini bianchi e azzurri con un treno incollato in un angolo, senz'altro una toppa, dentro al quale aveva nascosto i suoi tesori: un cuoricino di sapone, nel senso che era ripieno di sapone liquido, un dischetto con la faccia di Casper che serviva per far un gioco a quanto rammento fichissimo ma di cui mi sfugge il nome, delle chiavi, 3 biglie - una azzurra, una verde e bianca, una nera. Molte di quelle cose le ho ancora. Anche se, chissà, probabilmente il sacchetto mi cadde di mano.