Due anni interi, in cui intanto si svolgeva una vita. In questi due anni ho pensato spesso a lei, con un piccolo timore, con un po’ di riverenza.
Sarà cambiata, mi dicevo, non la riconoscerò. E forse lei non vorrà nemmeno farsi riconoscere.
Era questa la mia più grande paura. Trovarla fredda, distaccata, indifferente. Capire che non era intenzionata a farsi scoprire da me, mai più. Perché in fondo l’avevo abbandonata. Sono stata io ad allontanarmi, appena ho avuto il sentore di un suo imminente cambiamento.
Questi pensieri mi hanno resa triste, e poi preoccupata, ansiosa, sempre indecisa.
Finché non ho sentito per caso parlare di lei. Al solo sentirla nominare, sono stata invasa da un entusiasmo frizzantino, come se mi avessero stappato una bottiglia di spumante nelle vene. Dovevo subito correre da lei! Perché io, davvero, non vedevo l’ora di rivederla.
Cade una pioggerella leggera, quando esco per andare a trovarla. Una di quelle piogge impalpabili e dolci, quasi eteree, ma un pochino cocciute, se decidono che hanno voglia di impregnarti il cappotto. È già buio, anche se non sono ancora le sei. Il passo svelto come al solito, la testa un poco china, vado dritta verso la mia destinazione. Il portone del palazzo è spalancato, il grande scalone silenzioso e vuoto. Salgo senza nemmeno pensare. Seguo le luci delle sale, il vociare sottile. Mi guardo intorno, non so bene dove andare, non so dove trovarla.
"Ha bisogno?" la signora al punto informazioni mi rivolge uno sguardo gentile, e in quel momento capisco. Capisco che dovrò parlare, dovrò chiedere, se voglio sapere dov’è.
"Ehm, sì…la biblioteca moderna?"
Lo spumante che mi gorgogliava nelle vene punta dritto alla mia testa. Scoppietta e sale ad una velocità sconvolgente, bruciante e allegro come ad una festa, e mi si catapulta in faccia senza che io lo possa fermare. Mi incendia. Non mi posso vedere, e ne sono contenta, perché so di non essere più del mio rassicurante color osso di luna. So di essermi accesa, come un falò, come un semaforo, come vino in un bicchiere. Un vin brulé.
Quando finalmente entro in biblioteca mi sembra di avere 6 anni e di avere imparato a leggere ieri. Mi imbevo gli occhi di libri, con il sorriso che galleggia, il respiro ancora affannato, ancora intimidito.
Lei è cambiata, questo è vero, ma solo perché si trova in uno spazio diverso, solo perché ora devo salire le scale, per arrivarci. Bloccata da uno scalone, non mi sono più fatta vedere per due anni interi. Se fosse una che se la prende, si sarebbe fatta trovare chiusa. E invece i suoi libri sono tutti qua, i suoi scaffali si protendono verso di me perché io li sfiori. Non mi avvicino subito – sono lenta, nel fare conoscenza - e li circumnavigo ancora un po’, camminando piano, le guance rosse, le labbra all’insù.
Il cuore è emozionato, e ho paura che lo si possa sentir tamburellare, con questo silenzio.