Tale certezza mi è giunta lampante in
questi giorni di semi ristrutturazione dell’appartamento.
Io e René siamo due personaggi inquieti,
riusciamo a stare tranquilli solo dopo esserci enormemente stancati.
Per questa ragione, amiamo abbandonarci ad attività che richiedono
particolare energia, come andare all'Ikea due volte di seguito
nella stessa settimana. Una delle quali di domenica.
Tutto questo nel bel mezzo di un
periodo che proprio tranquillo non è, se proprio vogliamo essere
sinceri.
Questo il nostro iter: passiamo un
primo giorno all'Ikea, per farci un’idea, poi un pomeriggio al
mercatino dell’usato, che non si sa mai, seguito da una prima fase
di ristrutturazione. Dopodiché si parte per un secondo giorno
all'Ikea, per prendere tutto ciò su cui ci eravamo fatti un’idea,
oggetti come lo sminuzzacipolle e il pot-pourri azzurro. Al che è
giunta, impassibile e fiera, la seconda fase di ristrutturazione.
Ecco dunque cos'è diventata casa
nostra: un incantevole cantiere a cielo aperto, zona parco, delizioso
e rilassante.
Mentre René si dedica ai lavori pesanti –
montare due comodini Hemnes – io decido di mettere mano
all'infinita quantità di materiale che giace in tutti gli angoli
disponibili della casa dal giorno in cui ci siamo trasferiti. Sotto
al letto, di fianco al letto, negli armadi, nelle cassettiere, il
tutto a comporre diversi nuclei di indefinite malloppate. Ho comprato
delle belle scatole color rosso bordeaux e ho chiamato a rapporto
l'entusiamo di chi ha appena iniziato un nuovo lavoro.
La curiosità, e anche un certo bisogno
di organizzazione, mi portano a chiedermi:
“Ma cos’avrò mai conservato per
tutto questo tempo dentro tutte queste borse?”.
Le seguenti cose
- Carta, cartoncini, cartoncini più grossi, cartoncini ancora un po’ più grossi. Non si sa mai debba scrivere qualche bigliettino.
- Scampoli di tessuto appallottolati, scampoli sfilacciati, scampoli striminziti. Non si sa mai finalmente impari a cucire.
- Scatole.
Ecco alcune delle scatole rinvenute nelle mie ricerche. Quella recante la dicitura "Foto Gite" è effettivamente l'unica piena e ne vado anche piuttosto orgogliosa. |
Ho guardato tutto questo bendidio di
scatolame e mi sono chiesta Perché.
Perché ho comprato delle scatole per
conservare delle scatole.
La questione è molto più filosofica
che pratica, e in un periodo come questo, in cui mi sento totalmente
priva di idee e contenuti, trovarmi circondata da scatole vuote è
stata come un’epifania, una tangibile ed irrefutabile
rappresentazione di me.
Il primo istinto mi ha portata a dire
“Wow, che bella collezione di scatole!”. Ad un più attento
esame, accorgersi che la quantità di contenitori superava di gran
lunga la quantità dei contenuti materiali di cui dispongo (e sono
tanti) mi ha atterrita. La tentazione di supportare immediatamente la
causa del riciclo del cartone stava per avere il sopravvento. Poi la
mia testa si è accesa. Ho pensato all'Ikea. Ho pensato a tutti
quei praticissimi contenitori da cassetto in cui riporre tutto ciò
che notoriamente affoga all'interno del cassetto stesso. Ho pensato
“Ne creo uno io”.
Allora ho scelto, tra le succitate
scatole, quelle la cui morfologia permetteva quantomeno un utilizzo pratico e le
ho riempite. Ho dovuto cercare i contenuti in giro per casa, ed erano
contenuti dotati di una certa concretezza: lampadine, colla, chiodi,
puntine, cacciaviti, gessi. Tutti sparsi. Ho cercato di dar loro una
coerenza (“fa luce”, “è appuntito”, “scrive”) e ora si
trovano in un cassetto tutti insieme, nella loro composizione di
scatole, ed imitano l’ordine. Lo imitano perché le scatole sono
rimaste sepolte e gli oggetti, indifferenti, ne strabordano,
ricreando nel cassetto l’antica confusione.
Probabilmente la mia testa funziona
allo stesso modo. Le scatole da una parte, tutte belle colorate,
palpitanti, in attesa. I contenuti dall'altra, un po’ spaesati,
raggomitolati l’uno dentro l’altro, aggrovigliati e
indistricabili. Abbinare le scatole ai propri contenuti appare
un’impresa ardua, ma si potrebbe comunque provare a creare degli
inscatolamenti creativi. Senza coperchio, naturalmente, che qui siamo
tutti contro i compartimenti stagni.
A livello teorico è molto
interessante, direi affascinante, quasi. Scendendo nella pratica
altalenante della mia quotidianità, questa gloria di scatole prima
vuote e poi riempite alla rinfusa, in un raptus ossessivo, mi getta
nell'ansia.
Le scatole si ergono l’una sull'altra, la loro
ombra s’ingrossa, e mi intima di scomparire.
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