Di non indossare pellicce o scialli
color leopardo, vistosi collier o altezzosi turbanti.
Vestiti a fiori andranno benissimo, una
spilla sul cappotto, un cappello floscio. Nelle tasche, mani
artritiche e una penna che perde inchiostro. Spero.
Mi immagino che, come sempre, salirò
sull’autobus e leggerò un libro, o guarderò fuori dal finestrino,
mescolando pensieri e paesaggio.
Credo che ascolterò le conversazioni
degli altri e ne immaginerò le storie. Forse attaccherò bottone con
gli altri passanti, forse, come adesso, me ne starò zitta zitta. Mi
piace pensare che avrò tante cose da raccontare.
Spero, da vecchia, di essere simpatica,
dicevo.
O per lo meno gentile.
Dotata di uno sguardo cangiante, di una
voce che si possa modulare. Niente di eterno, niente di impassibile.
Niente di severo o petulante.
Spero che il vociare di un vespaio di
bambini mi farà affiorare sulle labbra un sorriso, non un rantolo
bilioso e ostile. Spero che una risata squillante mi provocherà
gioia, senza scucire antiche ferite ulcerine. Spero di amare la vita
delle piccole creature, tutte quante, e di meravigliarmi ancora se un
merlo, quando atterra, alza la coda per non cadere.
Non mi sarei mai ritrovata a dissertare
sulle gioie di una senilità consapevole, se stamattina non avessi
assistito ad un epico scontro generazionale.
L'autobus, semivuoto, sonnecchiante, è
stato preso d'assalto da una scolaresca in gita. L’esercito di
nani, con maestre al seguito, ha conquistato interamente la vettura,
si è aggrappato ai pali, ha occupato sedili. Ogni spazio vitale è
stato dichiarato territorio loro e dei loro temibili stridolii.
Non ci potevano credere: una gita, un
autobus! In due per sedile, gli occhi sgranati, guardavano fuori,
sghignazzavano tra loro, quelle piccole cicale.
A questi scalpitanti nemici dell’ordine
pubblico si sono presto contrapposte due anziane signore, una con
scialle leopardato, l’altra con turbante e occhiali da sole, pronte
a far valere il loro diritto ad una corsa in autobus silenziosa e
serena.
Signora Leopardo, giustiziera
impietosa, apostrofa i festanti seienni con voce di pietra: “Basta
con questa confusione! Tu, al tuo posto, non ti muovere!”.
Non ottenendo risultato alcuno, rincara
la dose Signora Turbante, che, con voce al limone, aggiunge uno
sferzante “Siete dei maleducati!”.
Più che le parole, è stato il puro
sdegno dei loro zigomi altezzosi a ferirmi. La pretesa di essere nel
giusto – e la coincidenza di giusto con ordine e silenzio, con
catatonia e asservimento. Il vitale, il giocoso, il saltellante non
erano concepibili, di fronte ad una moralità sì ferrea e decisa. Il
disordine dei manifestanti andava punito e offeso.
Certo. In realtà hanno offeso me, mica
i seienni. Loro hanno continuato bellamente a cicalare, con tanto di
“Ciao ciao vecchia” gridato tra risolini, quando Signora Leopardo
ha abbandonato austera il campo di battaglia.
Simpatica, dicevo, da vecchia.
Ma anche
solo gentile basterebbe. Davvero.
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